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Venere in pelliccia - Recensione

13/11/2013 | Recensioni |
Venere in pelliccia - Recensione

Presentata al Festival del Cinema di Cannes e in uscita nelle sale italiane a partire dal 14 novembre, la nuova opera di Roman Polanski, Venere in pelliccia, mescola cinema e teatro, realtà e finzione, ispirandosi al romanzo di Leopold von Sacher-Masoch del 1870, pietra miliare della cultura masochista.

In un teatro il regista Thomas (Mathieu Amalric) indice delle audizioni per trovare l’interprete femminile della sua sceneggiatura tratta dal romanzo di von Sacher-Masoch. Irritato dalla mancanza di un’attrice adatta, si ritrova inaspettatamente di fronte a Vanda (Emmanuelle Seigner), alla quale concede una possibilità. Quando i due iniziano a provare lo script, Vanda si rivela perfetta nel ruolo sorprendendo Thomas completamente rapito dalla sensualità e persuasività della donna. La pellicola procede con la rappresentazione del testo teatrale, interrotta a intermittenza da confronti, scontri, scambi di opinione e riflessioni sui rapporti uomo-donna e sulle incertezze e perversioni della natura umana.

Adattamento cinematografico dell’omonima pièce teatrale di David Ives, Venere in pelliccia mette in scena la battaglia tra i due sessi tramite i rapporti gioco-forza, che caratterizzano le relazioni amorose. Ciò che traspare è una visione di fondo maschilista, di completa subordinazione della donna, che nel film Vanda riesce abilmente a ribaltare. Il film si rivela ironico al punto giusto con uno scambio di battute brillanti che permettono allo spettatore di tenere alta l’attenzione fino alla fine.

Dopo Carnage (opera a quattro personaggi sempre tratta da un testo teatrale), Polanski ci ripropone in modo efficace la stessa poetica ambientando la sua nuova pellicola in un vero e proprio teatro, interpretata da soli due protagonisti. Con una sceneggiatura ironica, che funziona, e la bravura dei due interpreti, tra i quali la moglie dello stesso Polanski, il regista polacco, naturalizzato francese, firma ancora una volta un’opera ben confezionata e ricca di spunti riflessivi che coniugano sapientemente teatro, letteratura e settima arte.
 

Elisa Cuozzo

 


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